venerdì, ottobre 28, 2005

Grillo, Report e la nostra opinione

Credo che sia il caso di riappropriarci del diritto di avere un’opinione.
Ci hanno convinto che non era necessario e ci hanno abituato a non averne bisogno.
Le nostre opinioni oramai sono conto terzi.
Le informazioni le hanno delle persone che noi guardiamo litigare in televisione o sui giornali e poi scegliamo quella che dice le cose che a noi sembrano più giuste.
Ma in realtà quasi mai sappiamo bene che cosa abbiamo scelto.
Io non voglio più scegliere l’opinione di un altro.
Voglio avere PRIMA tutte le informazioni che servono, crearmi un opinione e poi confrontarmi con quelle delle persone che devo scegliere come mio rappresentante.
Magari mettermi in discussione e anche cambiare la mia opinione sentendo le opinioni degli altri, in televisione, ma anche per strada, sul lavoro, sul treno.
Non voglio continuare a discutere su chi è più credibile, chi è più simpatico, chi è più telegenico, su quello che ha detto uno o quello che ha detto l’altro.
Voglio parlare degli argomenti, non dei politici.
Pretendo il diritto di decidere chi ha ragione sulla base di quello che penso e di quello che dice INDIPENDENTEMENTE DAL SUO SCHIERAMENTO.
E credo di non essere solo.
Come si spiegano sennò i successi di Beppe Grillo e di Report.
Abbiamo fame di informazioni.
Abbiamo fame di informazioni chiare, non filtrate.
Non interpretabili.
E affidabili.
Come dice Beppe Grillo sempre di più la reputazione diventa un bene prezioso.
Loro non pretendono di essere fonti di informazioni sicure e affidabili.
Siamo noi che le riconosciamo come tali.
Evidentemente c’è un motivo.
Da un certo punto di vista Beppe e Milena fanno la stessa cosa, Beppe con più brillantezza e simpatia probabilmente (credo che Milena non se la prenderà, anzi, penso che sia d’accordo; e poi lei non è antipatica, ma di Beppe Grillo ce n’è uno solo).
Ci sbattono davanti al muso verità scomode, e non le loro opinioni.
Le cose, i fogli, i fatti, le persone.
Non pretendono di dirci cosa è meglio o cosa è peggio. Ci dicono “non accontentavi di quello che vi viene passato su un piatto d’argento”.
E cercano di darci gli elementi per crearci un opinione, nostra, vera, INDIPENDENTE.
Per questo mi sono interessato ai gruppi Meetup, evoluzione quasi naturale del movimento di interesse che il Blog di Beppe Grillo ha creato.
Gruppi di persone che evidentemente condividono questa mia fame e non si accontentano di guardare.
E così nasce una comunità virtuale distribuita in tutta Italia e anche fuori.
Ma soprattutto nascono gruppi di persone che decidono di uscire dal “virtuale” e di impegnarsi nel reale.
Che decidono di impegnarsi per fare in modo che le informazioni circolino più liberamente, più direttamente.
Che non sanno bene cosa li ha spinti, cosa vogliono fare, cosa vogliono ottenere, ma che preferiscono mettersi in gioco e scoprirlo strada facendo piuttosto che aspettare di averlo deciso.
A Genova siamo partiti.
Siamo ancora alla ricerca della nostra identità, della ricerca di un posto dove vederci.
Siamo ancora in pochi.
Ma siamo partiti.
La sera del mio primo incontro davvero non sapevo cosa aspettarmi. Poteva essere una riunione di amiconi fans del Beppe che si raccontavano le sue battute davanti a una birra.
Ero aperto ad ogni eventualità.
Mi ha colpito l’incredibile assonanza di idee tra persone sconosciute e eterogenee, in modo quasi comico.
Dai 20 ai 50 anni, uomini e donne, intellettuali e operai, riservati e simpaticoni, puntigliosi e faciloni, teorici e concreti.
11 persone che si incontrano per un motivo e non per caso così diverse tra loro penso sia statisticamente un miracolo.
Una bella cosa.
Non so come andrà avanti, se riusciremo a superare le prime difficoltà, se riusciremo a mettere insieme qualcosa di concreto, tanto meno se mai riusciremo a ottenere qualcosa.
Ma quel poco che è successo già ora è comunque una bella cosa.

http://beppegrillo.meetup.com

Andateci a fare un giro…scoprirete che anche nella vostra città c’è qualcuno che ha voglia di mettersi in gioco come noi e, spero, come voi.

giovedì, ottobre 27, 2005

La mia storia

Su un altro sito mi hanno chiesto di parlare della mia esperienza professionale, le mie scelte e le mie peripezie, nell'ambito di una discussione su Genova e il lavoro.
Questo è il risultato:


"A grande richiesta, su questi schermi...LA MIA STORIA!!! (il ta-tta-ta-taaa fatelo voi..grazie ;-))) )
Nel Luglio del 1983 mi sono diplomato (G. Galilei...un TC) e sfruttando l'opportunità di saltare l'inutile parentesi militare a Ottobre entro in Elsag.
Vabbè, lo ammetto, ero un secchione e ho preso 60..ok?
I 6 anni in Elsag sono stati elettrizzanti da un lato ma mi hanno spaventato da un altro. Elettrizzanti perchè sono andato a lavorare nel settore di ricerca centralizzata occupandomi (ovviamente a basso livello, da neo diplomato) di cose estremamente interessanti e quindi imparando un sacco.
E avendo vicino a me persone che si occupavano di cose incredibili come il trattamento delle immagini, il riconoscimento e la generazione della voce, la creazione di un sistema multiprocessore modulare...insomma: con rimpianto devo dire di aver capito dopo, magari un poì più maturo, quanto quello che facevo fosse di livello tecnologico veramente avanzato.
Nel mio piccolo lavoravo in un team che si occupava dell'implementazione di architetture su silicio, in progetti autonomi o in collaborazione: con CSELT lavoravamo su un chip per l'elaborazione dei segnali audio in funzione del riconoscimento del parlato connesso...oh...anni 80 ragassi, 20 anni fa.Da buon diplomato "eseguivo" quello che il progettista "progettava", ma per quello sono diventato l'esperto Elsag dei primi sistemi di disegno e simulazione di reti logiche che proprio noi avevamo introdotto.
6 anni spesi bene.
La parte che mi ha spaventato è stata l'immobilità, i tempi lenti. Ero giovane (sono entrato in Elsag che ancora non avevo 19 anni) e ho cominciato a scalpitare.
Tramite un mio carissimo amico ho avuto l'opportunità di cambiare radicalmente: assistenza tecnica in Hewlett Packard, più che un nome un mito.
E l'ho presa al volo.
In HP ci sono rimasto 12 anni, ma non ho avuto problemi nè di tempi lenti nè di immobilità...anzi.Il livello "tecnologico" del lavoro si è abbassato di molto, ma ho acquisito la capacità di fronteggiare in prima persona problemi, prendersi responsibilità, acquisire la fiducia di un cliente e poi doverla mantenere, mettersi in gioco continuamente e accettare le sfide.Sono partito dal riparare plotter con il cacciavite, sono arrivato a gestire progetti infrastrutturali, alcuni da qualche miliardo di vecchie lire.
Passando per il training, assistenza telefonica, consulenza...un po' di tutto.
Non ho mai pensato di abbandonare Genova, nonostante i primi 2 anni a Torino in pianta stabile e le decine di migliaia di chilometri in macchina per raggiungere clienti sempre di più in giro e sempre meno a Genova (e qua ci si potrebbe ricollegare al discorso dello stato del lavoro in questa città...).
Nel 2001, arrivato il secondo figlio, ho capito che il problema doveva essere risolto.
E invece che andarmene mi sono rimesso in gioco un'altra volta, ho lasciato, ammetto con un po' di rimpianto perchè sono stati anni bellissimi insieme a persone splendide, la multinazionale e i progetti miliardari per una piccola realtà genovese, per capire se era possibile mantenere un profilo economico accettabile senza vivere in macchina (ovviamente ho dovuto anche rinunciare ad aspettative economiche diverse da quello possibili sul territorio).
Sono passati 4 anni.
Ho anche tentato di uscire dall'informatica senza successo, ho aperto una ditta individuale e fatto il freelance, ora ho re-iniziato un lavoro più stabile ma ancora come consulente esterno....insomma, sono stati 4 anni poco tranquilli e, in alcuni momenti, anche critici.
Mi sono pentito? MAI.
Sinceramente vi dirò che se mi capitasse l'occasione per fare qualche anno da "trasfertista" e raggranellare qualche soldo in più probabilmente lo farei. Ho una casa da pagare e un po' di sicurezza in più non guasta.
Ma non la vado a cercare.
Ho rinunciato alla carriera, a più soldi, alla "sicurezza", ma ho passato 4 anni vicino al mare, alla famiglia, agli amici...come dice una nota pubblicità...alcune cose non hanno prezzo. Certo, per una persona con la mia esperienza e con il mio "pedigree" forse è più facile mettersi in gioco. L'altra faccia della medaglia è che sei più "costoso" di chi inizia e che quello che trovi la maggior parte delle volte non è al "livello" della tua esperienza....machissenefrega.Insomma: non è finita.
Ma mi sento di poter dire...si può fare. Resistiamo e non diamola vinta alla umida e fredda Padania...:-))"

lunedì, ottobre 17, 2005

Franco Scoglio (addendum)

Sailing Channel è il canale che nel pacchetto Sky tratta di nautica in genere.
Sabato zappando qua e là ci sono capitato, anche perchè sapevo che molti erano i servizi che riguardavano il Salone Nautico di Genova (manifestazione alla quale volente o nolente sono anch'io come tutti i genovesi affezionato).
Inizia un documentario sulla storia dei 45 anni del Salone...interessante....lo guardo.
Il documentario dura una decina di minuti, dei quali gli ultimi 3 sono occupati dal commento del e dalle interviste rilasciate dai tifosi durante e dopo il funerale di Franco Scoglio.
No comment.

venerdì, ottobre 14, 2005

Franco Scoglio

Non parlerò di Franco Scoglio.
Vabbè dai…solo un pochettino…
Non ne parlerò bene.
So che a lui sarebbe piaciuto così. Franco Scoglio odiava le mezze verità, le false accondiscendenze, l’ipocrisia e il buonismo.
Io sono sampdoriano, mi stava sui coglioni, non lo sopportavo e lui sa (anche ora, ne sono sicuro) che è così.
Se adesso ne scrivessi una magnificazione si rivolterebbe nella tomba.
Franco Scoglio era un personaggio, più un personaggio che un allenatore.
Da allenatore (nonostante i roboanti proclami) ha ottenuto molto poco e allenato solo squadre poco importanti. E non venitemi a dire che nella storia del calcio moderno i cugini sono importanti.
Con loro ha ottenuto il risultato massimo della sua carriera: una promozione dalla B alla A e una Mitropa Cup.
E direi che questo spiega il “molto poco”.
Di lui rispetto l’integrità e la sincerità.
Ma l’ho sempre considerato un personaggio negativo, promulgatore della faziosità e fastidiosamente permaloso. Si è sempre creduto un indiscusso e indiscutibile profeta del calcio senza avere gli argomenti per dimostrarlo.
Ma torniamo a noi.
Quello che è successo a Franco Scoglio è stato indubbiamente drammatico. E triste.
Ma quello che è successo dopo lo è stato ancora di più.
E probabilmente (dovunque sia se ne è sicuramente accorto) lui è incazzato come una iena.
Innanzitutto la sua dignità e la sua privacy sono state oltremodo violentate, più dalle repliche in differita che dalla imprevedibile diretta.
E quindi è stato totalmente ignorato il rispetto che si deve a qualunque essere umano SEMPRE ma forse ancor di più in momenti così drammatici.
E poi si è scatenata una corsa alla glorificazione figlia della “morte in diretta” francamente imbarazzante.
A Genova ci sono stati i funerali pubblici perché “la città potesse ringraziare e salutare un’ultima volta il suo Professore”.
La città? Ringraziare Scoglio? E di che?
E anche pensando alla sola parte rossoblu della stessa (comunque per quale motivo la città “ufficialmente” dovesse rendere onore a Scoglio rimane un mistero), quando Bagnoli (gli auguro ancora 50 anni felici e più) ci saluterà cosa faremo, 3 giorni di lutto cittadino?
Senza parlare degli allenatori della mia sponda…
Ho il sospetto che se Franco Scoglio fosse spirato nella sua Lipari nulla di tutto ciò sarebbe successo.
Che tutti si siano appropriati di un pezzettino del clamore suscitato dall’avvenimento televisivo per fare un po’ di teatro. Molte volte ad esclusivo beneficio personale.
Che sia stata alimentata l’ipocrisia e la voglia di protagonismo di personaggi poveri di identità tanto da avere bisogno di quella forte di qualcun’altro per riuscire a distinguersi (e ogni riferimento a chi tra i cugini ha usato questo avvenimento per fare l’ennesima autoglorificazione del “popolo” rossoblù non è affatto casuale).
Che le autorità abbiano fatto, consciamente o inconsciamente, bieca propaganda elettorale, e a questo punto mi viene da pensare che sia entrata a far parte direttamente del DNA di questi personaggi.
Che gli avvoltoi dell’informazione, anche quelli più “seri”, abbiano, per l’ennesima volta, perso l’occasione di dimostrarsi maturi ed equilibrati.
Che vergogna Mentana.
Che vergogna il mercato delle immagini che Primocanale aveva deciso di non fornire ma che sono misteriosamente passate nelle maglie larghe della rete tesa per trattenerle.
Che vergogna Sky che non vuole ammettere lo sciaccallaggio e si difende dicendo che erano immagini pubbliche andate in onda.
Che vergogna.
Franco, siamo stati e saremo sempre su sponde opposte, fieri rivali.
Non ci siamo mai stati e non ci saremmo mai stati simpatici.
Ma questa volta, non so perché, ti sento un po’ più vicino.
E riesco anche a pensare a tutte le volte che, a malincuore, dovevo ammettere “Belin, mi sta sulle balle ma su questo ha proprio ragione”.
E al fatto che, comunque, sento di doverti del rispetto.
Quel rispetto che tanti tuoi “amici” non ti hanno dimostrato.
Buon Viaggio, dovunque tu sia.