giovedì, novembre 23, 2006

Istinto di sopravvivenza

Faccio fatica a metterlo in una casella temporale.
E' scritto sul retro di fogli di un blocco note usato ai tempi delle superiori (dove si possono ritrovare alcuni appunti di radio elettronica) e quindi non penso che vada oltre i primi mesi di lavoro appena dopo il diploma.
Da non molto la fantascienza aveva virato verso scenari molto più cupi e realistici del far west galattico di Guerre Stellari, Ridley Scott principalmente ci aveva svelato con Alien e Blade Runner un futuro pieno di sporco, buio e incubi dietro agli angoli. Ovviamente ciò ha influito nella nascita e nello sviluppo dell'idea di "Istinto di sopravvivenza". Non è un caso che "Blade Runner" sia ancora in cima alla lista dei miei film preferiti e che le parole di Roy Batty, che sanciscono il definitivo crollo della sottilissima parete che sta fra i buoni e i cattivi, siano lì a piè pagina, a dare una brutale sentenza a tutte queste parole scritte.
E' un racconto immaturo, incompiuto, "giovane" perchè scritto da una mente ancora giovane. Ma quando l'ho riletto non mi è venuta voglia di buttarlo via (come altre cose che mai e poi mai riverserò qua) e tutto sommato bisogna vedere se la stessa testa non più così giovane e con molta più esperienza sarà capace di mettere una dietro l'altra le parole necessarie a scrivere un racconto compiuto. Diciamo che almeno lo sforzo di riassettare qualcosa qua e la lo farà.
E quindi...eccolo qua.

Era ormai trascorso parecchio tempo
da quando il Gran Consiglio aveva deciso di sostituire gli elementi più pericolosi con dei "cloni-robot", delle perfette copie che li sostituissero e che non generassero sospetti a quelli del Mondo Esterno.
La sostituzione avveniva con un rituale che nessuno, per paura di provvedimenti del Gran Consiglio, aveva mai tentato di interrompere, certi che loro non erano e non sarebbero mai entrati nella lista.
La "copia" arrivava quasi fuoriuscendo dal nulla e si presentava al "condannato", che invariabilmente reagiva recuperando una arma di difesa, tipicamente la sua pistola laser, e puntandola contro la sua immagine, rimanendo per un lungo e fatale momento sconcertato davanti a un se stesso camminante. La "copia" "durante" quel momento cominciava a ripetere con monotonia ipnotizzante una litania destinata a neutralizzare qualunque tentativo di ribellione.."Io sono te. Non puoi spararmi. E' impossibile. Sono uguale in tutto e per tutto. Io SONO te."..e infatti lo erano, copie perfette in ogni aspetto, comportamento, ricordo, pensiero, a parte la necessaria indifferenza verso l'originale, necessaria per poterlo eliminare senza esitazione e rimorso...ah...e ovviamente senza alcun istinto criminale, violento o no che fosse.
Gli occhi della "vittima", o "condannato"..fate un po' voi, si bloccavano, fissi verso l'infinito, verso un punto dove forse fuggire da una fine apparentemente ineluttabile. A quel punto la "copia" agiva, disintegrando l'originale e prendendone il posto.
In realtà non si sapeva se la procedura fosse infallibile, se tutte le copie avevano portato a termine il loro compito sostituendo i rispettivi "originali".
Che si sarebbero ben guardati dall'annunciare di aver con successo eliminato la copia, rimettendosi in lista per una futura eliminazione. Inoltre l'"incontro" avrebbe avuto un immediato effetto calmierante sulla psiche del "condannato", che in caso di sgarro da una condotta irreprensibile, avrebbe annunciato al mondo la necessità di una nuova "copia".
Questo fatto, oltre che indimostrabile e apparentemente mai avvenuto, rendeva il Gran Consiglio assolutamente indifferente sul tema: comunque la procedura in qualche modo funzionava,sia che sortisse il suo effetto, sia che dovesse essere ripetuta, e mai lo era stata.

Joe pensava che fosse strano che nell'uomo non esistesse un "programma analogo", un insieme di nervi e lampi di luce che potesse renderlo capace di reagire in quella situazione.
Ci pensava spesso, la questione per lui era importante.
Un poco di buono come lui sarebbe finito prima o poi nella Lista, non che ci fossero molti dubbi.
Giusto di quello stava pensando, camminando a testa bassa lungo la strada bagnata, guardando i piedi schizzare l'acqua e il suo riflesso frastagliato apparire e sparire nelle pozzanghere.
Uno di questi riflessi lo colpì...era nel posto sbagliato.
Alzò lo sguardo e si vide.
Con un balzo all'indietro riuscì a estrarre la sua pistola e a puntarla, proprio verso la "sua" faccia...e lì si bloccò.
Il dito congelato, il sudore gocciolante dalla fronte, il respiro mozzato.
Diavolo, era uguale...era lui.
Le stesse smorfie, lo stesso sorriso da marpione, la stessa voce....la voce...che aveva incominciato la rituale litania, in maniera ossessiva, con i suoni rimbalzanti sulle pareti di quel fetido vicolo dove si era buttato per ripararsi, un vicolo cieco che l'aveva lasciato solo con la sua condanna pronta a disintegrarlo..."Io sono te. Non puoi spararmi.."
Stava quasi per soccombere, quasi tremante e sudato oramai fino alle dita dei piedi, sottoposto a uno sforzo mentale oltre ogni limite, quando qualcosa che andava oltre la sua volontà, oltre le sue intenzioni, oltre il suo stesso essere e pensare, gli fece piegare il dito appoggiato al grilletto, tanto quanto bastava.

Il check-up automatico del robot fece in tempo ad avvertirlo che i circuiti di controllo del movimento, situati nella zona pettorale, erano stati in qualche modo disattivati, in realtà bruciati dalla scarica laser che li aveva colpiti. Il programma non fece in tempo a proseguire il suo check a quelli dorsali, perchè immediatamente dopo il clone "morì", giusto un attimo prima di svanire nel pulviscolo atmosferico.

Joe pensò solo una cosa:"C'è".

Da qualche parte il "programma analogo" c'era, e forse aveva anche un nome: istinto di sopravvivenza.

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